era alta
nel cielo
ormai
e
le ombre flessuose
dei danzatori
piroettavano
sullo sfondo
dei fuochi.
I viaggiatori
si
erano fermati
e seduti
attorno
al
fuoco
osservavano
quella festa
strana
e
selvaggia
lontana
dai
loro usi,
con
un misto
di ammirazione
e orrore;
la musica
inebriante
e ritmata,
il profumo
degli oli
e degli incensi
assieme
al forte
e dolce vino
servito
li stordiva.
La notte
avanzava
e
il ritmo
di quel
ballo selvaggio
cresceva,
interminabile;
uno di essi,
vinto
dal vino
e forse dalla solitudine
di
troppi viaggi
acconsentì
all'invito
di una delle
ombre danzanti
e con lei
disparve
nelle tenebre.
Poco alla volta
anche
l'umore
degli
altri
del gruppo
cambiava:
ora
con grevi risate
ma
non più
con ostentato
fastidio
essi rispondevano
ai gesti aggraziati
dei ballerini
del fuoco.
La notte avanzava
e la festa
sfrenata
nella città
dell'oro
e del
vizio
come
una grande onda
copriva
i ricordi
i pensieri
e forse
i cuori
degli uomini
venuti
da lontano.
E quando
la luna
era
quasi
scomparsa
dal
cielo
ecco che
al fuoco
si avvicinò
un'ombra,
diversa
da tutte
le
altre
l'ombra
di
un vecchio
coperto
di stracci
con
un bastone
e forse
cieco,
da come
camminava
e il vecchio
si
rivolse
ai
viaggiatori
e
ai danzatori
e con una voce
forte ancora
disse:
<<Gente
venuta
da lontano,
oggi
voi
vi divertite
ma presto
il giusto
castigo di Dio
colpirà
questa città empia.
Così che
per tutti
voi peccatori
scenderanno
le tenebre
e grande
sarà il male
che ve ne verrà.>>
Impauriti,
i festanti
si
erano
fermati
per ascoltarlo.
La musica
improvvisamente
cessata.
E fu allora
che
io mi alzai
dal mio posto
attorno
al fuoco
e gli dissi:
<<Senti, zio, che
cosa
facciamo
di male?
Prenditi da bere
e siediti
qui con noi,
se ti va
o altrimenti . . .
vai a dormire.>>
E la musica
ricominciò
e la festa
andò avanti
fino
a giorno chiaro.
r. v.