martedì 13 novembre 2012

LA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA di Lorella Presotto


E' fuori dubbio che ormai una gran parte di italiani rivendichi il diritto di partecipare all'amministrazione della cosa pubblica, attraverso l'esercizio della democrazia partecipativa detta anche democrazia diretta.Ho notato però che le modalità di attuazione e lo svolgimento della funzione non sono chiari a tutti, e che esistono diverse interpretazioni tra gli elettori attivi.
Anzi tutto desidero sottolineare che la democrazia partecipativa non esclude la presenza di organi rappresentativi, quali i partiti politici, o di istituzioni pubbliche, quali il Parlamento. Quello che voglio significare è che l'esercizio della democrazia partecipativa non esclude l'esercizio della democrazia rappresentativa. Esse infatti costituiscono due facce della medesima medaglia, necessarie l'una all'altra per la vita di uno Stato.Pensate a cosa accadrebbe se per ogni singola decisione, ogni singolo provvedimento legislativo, tutto l'elettorato attivo venisse chiamato alle urne. Il paese si paralizzerebbe, con conseguenze devastanti per la vita di tutti noi, non ultimi i costi insostenibili.
Questa visione non realistica della potere popolare trova la sua nascita nell'insofferenza dello stesso popolo, troppe volte sottomesso e depauperato della propria volontà.
Dunque a mio modesto avviso, non bisogna stravolgere il significato intrinseco del valore di democrazia diretta, ma bensì comprenderne esattamente i meccanismi e i limiti da porre ai delegati di esercizio.
La Costituzione della Repubblica Italiana, quella originale, emanata nel 1948, prima che subisse numerose modifiche volte solo a non attuare i principi che i padri costituenti avevano ad essa affidato, è stata dotata di tutti i meccanismi di democrazia partecipativa. I padri costituenti, tuttavia erano ben consci, che la popolazione italiana, altamente analfabetizzata all'epoca, non aveva capacità di gestire queste forme di esercizio di potere. Pur prevedendo quindi l'esercizio del referendum, della petizione e dell'iniziativa di legge popolare nella Costituzione, i suoi padri decisero di porvi dei limiti, delegando alle successive classi dirigenti, il compito di ridurre tali limiti, con relazione alla crescita culturale della popolazione, sino ad arrivare al giorno in cui, questi limiti sarebbero stati del tutto annullati. I Costituenti avevano ben in mente che solo una popolazione completamente alfabetizzata, avrebbe posseduto gli strumenti culturali per poter esercitare con razionalità e responsabilità la democrazia partecipata.
La morte prematura di uomini con forte senso dello Stato, ha però purtroppo, deviato il percorso che essi stessi avevano tracciato. Non mi soffermerò molto sull'analisi storica degli ultimi sessant'anni . E' ormai nella conoscenza di tutti noi quanto, le classi dirigenti che si sono succedute negli anni dopo la Costituzione della Repubblica, si siano adoperate per non attuare mai la riduzione progressiva di questi limiti al potere popolare, incentivando e introducendo invece nuove forme e meccanismi di controllo e limite del potere di partecipazione popolare.
Quello che vorrei che emergesse chiaramente da questa mia pubblicazione è che sarebbe del tutto irrazionale gettare via la nostra Carta Costituzionale, mi riferisco a quella originale del 1948; mentre è invece necessario attuarla secondo quella filosofia del diritto che i padri costituenti ci hanno tramandato. La nostra Carta, con la vera attuazione, e mediante l'introduzione di meccanismi che diano certezza all'esercizio della democrazia partecipativa (autonomia referendaria, estensione del referendum, tempi certi per la petizione e l'iniziativa di legge popolare), rappresenta il nostro titolo di popolo sovrano. Non compiano l'errore sull'errore. Tutto quello che esce dalle mani umane non è perfetto, ma è senz'altro perfettibile. Analizzando la storia possiamo porre riparo agli errori e conservare ciò che di buono ci è stato tramandato. Una Repubblica si fonda su diritti e doveri reciproci, che necessariamente debbono trovare sussistenza su regole comuni e condivise; sulla certezza che quelle regole siano applicabili a ciascuno di noi, affinché determinino uguaglianza e libertà, quella libertà personale di ciascuno che finisce là ove inizia quella dell'altro. 

Lorella Presotto
13 novembre 2012

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