martedì 25 settembre 2012

IL TRATTATO DI LISBONA: NUOVO NEGOZIO GIURIDICO O RISOLUZIONE ? di Lorella Presotto


Il 13 dicembre 2007 veniva sottoscritto il Trattato di Lisbona. La firma è avvenuta nel massimo silenzio, senza che nessuno dei popoli appartenenti agli Stati aderenti ne fosse informato del grande impatto che esso avrebbe avuto sulle loro vite. 
Il Trattato di Lisbona entrava in vigore il 1 dicembre 2009.

Cos'è esattamente un Trattato ?
Il trattato è un negozio giuridico, ovvero l'incontro della volontà di due o più Stati, diretti a disciplinare rapporti intercorrenti tra essi. Nella prassi si possono usare anche altre denominazioni, es. patto, accordo o convenzione.
Il termine protocollo viene invece solitamente utilizzato per definire un atto col quale si stabiliscono norme integrative, o un regolamento, del trattato a cui si riferisce.
Il trattato costituisce in sostanza "un contratto di rilevanza internazionale". Esso è fonte del diritto internazionale. Nel testo del trattato gli Stati che vi aderiscono sono chiamati "parti contraenti".
Essendo fonti di secondo grado, i trattati sono subordinati alle norme consuetudinarie che ne disciplinano il processo di formazione (diritto dei Trattati).
La Convenzione di Vienna del 1969, entrata in vigore nel 1980, redatta dalla Commissione ONU per la codificazione del diritto internazionale, costituisce una sorta di codice per la formazione di trattati internazionali.
A questa si aggiungono le Convenzioni di Vienna del 1978 e 1986, quest'ultima non ancora entrata in vigore.
La Convenzione di Vienna afferma che le regole in essa contenute , essendo norme del diritto consuetudinario, hanno valenza per tutti gli Stati e per tutti i tipi di trattato, o meglio valgono per tutti gli Stati contraenti (coloro che accettano in assoluta libertà di aderire ad un Trattato, e non hanno effetto retroattivo. Ovvero le regole della Convenzione di Vienna si applicano solo ai Trattati stipulati dopo la data del 1980, anno di entrata in vigore della Convenzione.
La negoziazione avviene sulla base dell'art. 7. Il testo predisposto viene sottoscritto in forma non vincolante per gli Stati. Dispongono di pieni poteri di firma i Capi di Stato, i Capi di Governo e i soggetti con delega derl Ministero degli Esteri, i capi di missioni diplomatiche, i delegati di organizzazioni internazionali.
Sulla base dell'art. 9, l'adozione del testo ha luogo con il voto favorevole dei due terzi degli Stati presenti e votanti.
Il negoziato si chiude sulla base dell'art.10 con l'apposizione della firma sul testo votato.
Con la sottoscrizione del Trattato ogni Stato aderente si impegna sulla base dell'art.10 a promuovere il processo di ratifica.
La Costituzione italiana prevede all'art. 87 comma 8, che la ratifica sia predisposta dal Presidente della Repubblica.

Quanto sopra descritto è quindi la forma e il modo attraverso il quale sono stati sottoscritti tutti i Trattati internazionali che hanno impegnato l'Italia, inclusi tutti i Trattati dell'Unione Europea.

La Costituzione della Repubblica italiana prevede che l'esercizio della sovranità popolare sia esercitata attraverso "forme e limiti stabiliti dalla stessa Costituzione (art. 1 comma 2), che l'Italia si adegui alle norme di diritto internazionale (art. 10) e che dall'esercizio dell'azione diretta della sovranità popolare (referendum) siano esclusi i trattati internazionali (art. 75 comma 2).

Sulla base di questi elementi è chiaro che tutti i Trattati sono stati legalmente sottoscritti dai rappresentanti italiani.

Qualche dubbio si solleva sul versante della "legittimità". Se pur vero che la costituzione prevede una conformazioni alle leggi del diritto internazionale, è altrettanto vero che tale conformazione dovrebbe avvenire per la salvaguardia della pace; posto il fatto che la nostra Costituzione ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie.

Proprio su questo concetto si é elevata la protesta dei giuristi, i quali rimproverano alla classe politica di aver mancato di etica per non aver sottoposto preventivamente alla volontà popolare tali trattati, essendo il popolo soggetto originario di sovranità, è poichè tali Trattati non erano indirizzati a stabilire la pace, ma erano invece tesi a modificare un sistema socio-economico.

In sostanza, la classe politica ha utilizzato la legalità della norma costittuzionale per sottrarre al popolo la legittimità dell'atto.

Il trattato internazionale, e quindi il Trattato di Lisbona, come un qualsiasi altro contratto, non é rinegoziabile, ma è fatto obbligo dal diritto internazionale di prevedere una clausola di risoluzione.

Nello specifico, il Trattato di Lisbona prevede all'art. 50 la risoluzione da parte di qualsiasi delle parti contraenti (gli Stati) senza necessità di comunicarne la motivazione specifica e conformemente alle loro norme costituzionali.
In altre parole tale scelta è possibile nel caso in cui una maggioranza parlamentare voglia recedere dal Trattato di Lisbona.
Si tratta di una mera scelta politica, da attuarsi con strumenti giuridici scritti nel diritto internazionale, nello stesso Trattato e dal nostro stesso ordinamento giuridico.


1 commento:

  1. Cara Lorella......cosa ti fa venire in mente qesto???
    Ame personalmente che abbiamo una classe politica della cui nostra Sovranità non gliene frega proprio nulla!!!!!!
    Complimenti per la tua chiarezza nell'esposizione e buona giornata

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